altrettante setole, i suoi ocelli rossi brillarono d’un fuoco infernale, e facendo battere uno contro l’altro i denti acuti della sua vasta gola, essa urlò: “Presto — presto, adopera le unghie, le unghie!” Essa rise e saltellò con aria beffarda, e strinse vigorosamente il vaso d’oro dal quale toglieva dei pugni d’una terra brillante che slanciava contro l’archivista; ma appena questa terra toccava la veste da camera, essa si cambiava in fiori che ricadevano sul pavimento. Allora i fiori di giglio della veste da camera si accesero e gettarono fiamme, e l’archivista le prendeva ardenti e crepitanti, e le gettava sulla strega che muggiva di dolore; ma essa fece un salto, scosse la sua armatura di cartapecora ed i gigli si spensero e caddero in cenere. “Presto — presto — mio piccolo!” gridò la vecchia; il gatto, si slanciò con un brontolìo verso la porta e passò sul corpo del signor archivista; ma il pappagallo grigio volò davanti a lui e lo prese col suo becco ricurvo alla nuca con tanta forza, che un sangue rosso misto a foco scorrea dall’ugola, e la voce di Serpentina, gridava: “Salvata — salvata!”