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allevato, di buoni costumi e di più, suo cugino germano.” — “Può egli inghiottire il salamandro senza abbruciarsi i mustacchi e senza crepare miseramente, disse il registratore Heerbrand.” — “No, no, gridò lo studente Anselmo, egli non lo potrà mai; ed io sono amato dalla colubra verde; poichè il mio cuore è buono come quello d’un fanciullo, ed ho veduti gli occhi di Serpentina!” — “Sì, sì, il gatto gli strapperà! gridò Veronica.” — “Il salamandro — il salamandro li vincerà tutti — tutti,” urlò il vicerettore Paulmann al colmo del furore;” ma sono io in un ospitale di pazzi! sono pazzo io stesso? — Che cosa sono dunque tutte queste scempiaggini ch’io faccio? — Sì, pazzo io stesso — pazzo io stesso!” A queste parole il vicerettore Paulmann si alzò, strappò la sua parrucca e la gettò per aria; i ricci schiacciati ne gemettero, e nella loro completa distruzione essi sparsero in lontananza una nuvola di polvere. A questa vista lo studente Anselmo e il registratore Heerbrand presero il vaso del punch e i bicchieri e gli slanciarono, con grida di gioja sino alla soffitta; da ogni parte