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”Signore! chi più di me avrebbe da lamentarsi del salamandro? non aveva io ornato coi miei più ricchi metalli i bei fiori ch’egli ha consumati? non ho io sorvegliati e coltivati con cura i loro germi, non ho io speso pel loro abito i miei più ricchi colori? Con tutto ciò io m’interesso al povero salamandro, poichè l’amor solo, l’amore che tu stesso, o signore, hai sovente provato, lo ha portato a desolare nella sua disperazione il tuo bel giardino. Rivoca la tua sentenza troppo crudele! — “I suoi fuochi per ora sono estinti” riprese il re dei Genii, ma in quel tempo infelice in cui la voce della natura non sarà più compresa dalla razza degenerata degli uomini, in cui i Genii elementari, sbanditi e relegati nelle loro regioni, non parleranno più ai mortali che in suoni vaghi e misteriosi partiti da un’immensa lontananza; quando, strappato da questa sfera armoniosa, egli non ritroverà che in un desiderio senza limiti la memoria oscura ed incerta di questo regno meraviglioso ch’egli poteva abitare quando la fede e l’amore soggiornavano ancora nel cuore, — in quel tempo infelice il principio