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mento inesprimibile di ben essere e di felicità le succedette. Essa dovette pensar ancora ad Anselmo, e mentre ella concentrava con forza tutte le sue idee sopra di lui, lo stesso Anselmo le sorrideva dal fondo dello specchio come un ritratto in miniatura; presto fu come s’ella non vedesse più il ritratto! — ma lo studente Anselmo in persona.
Egli era in una camera alta e singolarmente ammobigliata, e scriveva assiduamente. Veronica volle avanzarsi verso di lui, battergli sulla spalla, e dirgli: “Signor Anselmo, alzate dunque gli occhi, eccomi!” ma essa non potè, — poichè egli sembrava circondato da un brillante fiume di fuoco, e quando Veronica guardò bene, vide che però tutto questo non era che una serie di gran libroni col taglio dorato. Ma infine Veronica riuscì ad attirare sopra di sè gli sguardi d’Anselmo, fu in principio come se egli avesse bisogno di considerarla lungo tempo per riconoscerla; ma in fine egli sorrise, e disse: “Ah! — siete voi cara madamigella Paulmann? quale capriccio vi viene qualche volta di cambiarvi in piccola colubra.” A que-