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Le opere di Callot, che ha fatto prova di una fecondità di ingegno meravigliosa, procurano egualmente maggior sorpresa che piacere. Se noi paragoniamo la fecondità di Callot a quella di Hogarth noi li troveremo eguali l’uno all’altro; ma se confrontiamo il grado di soddisfazione che procura un esame attento delle loro composizioni rispettive, l’artista inglese avrà un immenso vantaggio. Ogni nuovo colpo di pennello che l’osservatore scopre fra i ricchi e quasi superflui particolari di Hogarth vale un capitolo nella storia dei costumi umani, se non del cuore dell’uomo; esaminando al contrario da vicino le produzioni di Callot, si scopre solamente in ciascuna delle sue diavolerie un nuovo esempio di uno ingegno inutilmente occupato o di una immaginazione che si travia nelle regioni dell’assurdo. Le opere dell’uno rassomigliano ad un giardino accuratamente coltivato che ci offre ad ogni passo qualche cosa di aggradevole o di utile; quelle dell’altro ricordano un giardino negletto il cui suolo egualmente fertile non produce che piante selvaggie e passite.