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lui col suo sguardo. — Ah! cantiamo ora le scene di Armida.
Ed egli si mise a cantare l’ultima scena dell’Armida con una espressione che penetrò sino in fondo dell’anima mia. Ma egli si allontanò sensibilmente dalla versione originale: la sua musica era la scena di Gluck, in un più alto grado di potenza. Tutto quello che l’odio, l’amore, la disperazione, la rabbia possono produrre di espressioni forti ed animate, egli le rese in tutte le loro gradazioni. La sua voce sembrava quella d’un giovane, e dalle corde più basse s’innalzava alle note più acute. Tutte le mie fibre tremavano sotto i suoi accordi; io era fuori di me. Quando egli ebbe terminata la scena, io mi gettai nelle sue braccia, e gridai con voce commossa: — Qual è dunque il vostro potere? Chi siete voi?
Egli si alzò e mi fissò con uno sguardo severo e penetrante, e nel punto in cui io mi disponeva a ripetere la mia dimanda, egli era scomparso col lume, lasciandomi nella più profonda oscurità. Io era solo già da un quarto d’ora, disperava di rivederlo e cercava, regolandomi