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mano che mi permise di distinguere questo luogo, il cui singolare addobbo mi sorprese non poco. Alcune sedie antiche riccamente guernite, un orologio in una grande scatola dorata, ed un largo specchio circondato di arabeschi di forma massiccia davano, al complesso delle suppellettili l’aspetto affliggente d’uno splendore passato. In mezzo alla camera vi era un piccolo pianoforte, sul quale si vedeva un grande calamajo di porcellana, e non lungi da esso alcuni fogli di carta rigata. Un secondo sguardo gettato su quello scrittoio del compositore, mi convinse che non se ne era fatto uso da lungo tempo, perchè la carta era intieramente ingiallita, ed una densa tela di ragno si stendeva su tutta la superficie del calamajo. L’uomo si avvicinò ad un armadio posto in un angolo della stanza, e tirò una cortina che lo nascondeva. Io vidi allora una fila di grandi libri ben legati con iscrizioni in lettere d’oro: Orfeo, Armida, Alceste, Ifigenia; in poche parole, io vidi raccolti insieme tutti i capilavori di Gluck.
— Voi possedete tutte le opere di Gluck? gridai. Ei non rispose nulla; ma