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— Ecco viene il re. — Suonano la marcia. — Forte, forte, timpani! — Vigorosamente! Sì, sì, bisogna ricominciare questo pezzo undici volte, diversamente la marcia non sarebbe più una marcia. — Ah! Ah! Maestoso. Eseguite questo lentamente, figli miei. — Vedete, ecco un violino che si strascina! — Andiamo, riprendete per una duodecima volta e battete sempre alla dominante! — Ora fa il suo complimento. — Armida lo ringrazia graziosamente. — Ancora una volta. — Là, mancano ancor due soldati. — Ora entriamo vigorosamente nel recitativo. — Qual cattivo genio mi ha attaccato qui?

— L’incanto è rotto, io gli dissi. Venite.

Io presi pel braccio il mio originale del giardino botanico, poichè era desso, e lo strascinai con me. Egli parve sorpreso e mi seguì in silenzio. Ma noi eravamo già nella strada Federico; quando egli si arrestò improvvisamente.

— Io vi conosco, diss’egli. Voi, eravate al giardino botanico.

— Noi parlammo molto. Io bevei del vino che mi riscaldò assai. In seguito