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dirige verso il giardino botanico. Bentosto tutte le tavole sono assediate presso Klaus e Weber; il caffè di radicchio fuma in piramidi a spira, i giovani accendono le loro pipe, si parla, si disputa sulla guerra o sulla pace, sulla calzatura di madama Bethmann, sull’ultimo trattato di commercio, e sul ribasso delle monete, sinchè tutte le discussioni si perdano nei primi accordi di un’arietta di Fanchon, con cui un’arpa scordata, due violini screpolati, ed un clarinetto asmatico vengono a tormentare i loro uditori e sè stessi. Presso alla balaustrata, che separa dalla strada la rotonda di Weber, vi sono alcune piccole tavole circondate dalle sedie del giardino, là si respira un’aria pura, si vedono quelli che vanno e quelli che vengono, e si è lontani dal romore discordante di quella maledetta orchestra: è là ch’io vado a sedermi abbandonandomi ai voli leggeri della mia immaginazione che mi presenta continuamente figure amiche colle quali io parlo all’avventura delle arti delle scienze e di tutto quello che fa la gioja dell’uomo. La massa di quelli che passeggiano scorre davanti a me, sempre più folta, sempre