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aveva tutta la tenuità e la durata del suono più armonioso. — Il finale Già la mensa è preparata fu eseguito colla più disordinata allegria. Don Giovanni era seduto e amoreggiava tra le due giovanette, facendo saltare i turraccioli l’uno dopo l’altro, e sprigionando lo spirito impetuoso dei vini, che fremeano di quel ritegno. Ciò avveniva in una stanza poco spaziosa, terminata da un’alta finestra gotica, attraverso la quale si scorgeva la notte. Di già mentre Elvira ricordava all’infedele tutti i suoi giuramenti, si vedeano i lampi solcare il cielo, e si sentiva il sordo appressarsi della tempesta. Finalmente si picchiò con violenza. Le giovani ragazze fuggirono e in mezzo agli spaventosi accordi degli spiriti infernali, si avanzò il colosso di pietra, al cui confronto Don Giovanni pareva un pigmeo. Il pavimento tremava sotto i passi tonanti di quel gigante.
— Don Giovanni fra la tempesta, il tuono, e gli orrendi urli dei demonii, proferisce il suo terribile no! e l’ora dell’annientamento è venuta. La statua sparisce, un denso vapore occupa la sala, e dissipandosi lascia scorgere le più tre-