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92 | canzoni ascetiche e morali |
Degn’è donque che ben poder forziate,
né del ben non dottiate,
95poiché nel mal metteste ogni ardimento;
ché senza alcun tormento
non torna a guerigion gran malatia,
e chi accatta caro
lo mal, non certo avaro
100ad acquistar lo bene essere dia.
Non corra l’omo a cui conven gir tardi,
né quei pur pensi e guardi
a cui tutt’avaccianza aver bisogna;
ché ’n un punto se slogna
105e fugge tempo sí, che mai non riede.
Ferma tu donque el piede,
ché, s’ello te trascorre ed ora cadi,
non atender mai vadi;
né mai dottare alcun tempo cadere,
110se or te sai tenere.
Adonqua onni tuo fatto altro abandona,
e sol pensa e ragiona
e fa come ciò meni a compimento;
ché, se bene ciò fai,
115onne tuo fatto fai;
se no, ciascun tuo ben va in perdimento.
Ahi, com’è folle quei provatamente
che dotta maggiormente
perder altrui che sé, né ’l suo non face,
120ma che quant’ha desface
a pro de tal, onde non solo ha grato.
Ed è folle el malato,
che lo dolor de l’enfertá sua forte
e temenza di morte
125sostene, avante che sostener voglia
de medicina doglia;
e foll’è quei che s’abandona e grida:
Ah, Dio segnore, aida!