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di frate guittone d’arezzo | 67 |
né voi donar, né me prender bast’anco;
ché del mal tutto, unde grave lá venni,
65come prima contenni,
né tutto infermo son, né liber bene.
Ed a voi non convene
tornarmi a dietro, né tenermi tale;
ché se alcun bon segnore un omo acolle
70malato, nuto e folle,
a suo poder lo volle
a sanitate, a roba ed a savere;
e s’el poi sa valere,
de quanto val la lauda è del segnore;
75sí com’è il disinore,
se, poi l’acoglie, lo schifa e tel manco.
E voi, Amor, pur acolto m’avete,
e de vostra masnada ormai segnato;
però merzé; le man vostre mettete
80ne la zambra del figlio vostro onrato,
e me fornite voi ben sofficiente,
che, non mancando, fornir pote ogn’omo.
O donna mia, non mi faite carizia
di sí tragran devizia;
85né, perch’eo sia for merto, amor sdegnate,
ma stringavi pietate,
che pria vi strinse for mertar eo nente.
E se ch’io merti, Amor meo, pur volete,
di che darmi dovete,
90ché null’aggio, savete,
ma’ che miseria e male; unde ben faite
se, ch’eo vo dia, me date,
non per me, ma per voi; ché s’eo non merto,
voi pur mertate certo
95ciò ch’eo mertar vorrìa; ma posso como?
O quando, quando de masnada a corte
e poi de corte a zambra, Amor meo, vegno?
Ché pur me ’l fa vostra pietá sperare,