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di guittone d’arezzo 51


Ché non mi parto ’n atto?
Non posso; sí son matto
.     .     .     .     .     .     .     .     .     
che meglio amo da voi
35ciò, ch’io non chero altroi
tutto quello ched eo vorrebbi avere.
     Amor, non mi dispero,
ca non fora valenza:
bona soffrenza — fa bon compimento;
40e lo grecesco empero,
l’ora che Troia assise,
non se devise — per soffrir tormento,
né perché sí fort’era,
che di nulla manera
45vedea che se potesse concherere;
e pur misel a morte:
e chi lo suo piú forte
conquide, dobla laude vol avere.
     Poi mai non mi rafreno,
50amor, de voi servire,
di cherire — merzede abo ragione;
ed averave meno,
ogne gioia di mene
solo ch’a bene — vi sia qualche stagione:
55ca piú anche sarete
piú dolze, ed averete
piú in voi d’amor che nulla criatura;
ché lo grande amarore
puote tornar dolzore,
60e piú dolze, che dolze per natura.
     Amor, pur vincer creo
combattendo per Deo;
ed ho le mie battaglie sí ordinate:
contra disamor, fede;
65contr’orgoglio, merzede;
e contra di ferezza, umilitate.