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di guittone d’arezzo | 47 |
che viso m’è, amor, che la mancanza
100d’ogn’altra prenda in voi assai restoro.
Ad Arezzo la mia vera canzone
mando voi, amor, per cui campione
e servo de tutt’altre esser prometto.
XXI
Non chiedendo, ma meritando si ottiene guiderdone in amore.
Amor tanto altamente
lo meo entendimento
ave miso, che nente
aggio ardimento — di contare e dire
5como di lei m’ha priso;
ma vista tal presento,
che lei ha certo miso
come ’n suo segnoraggio meo desire.
A che di ciò m’aveggio,
10certo celar nol deggio;
non che celar lo bene
che del segnore avene — fosse fallire,
(falla chi piú piacente
nol fa, che ’l ver consente),
15ma a lo male dia
om ben donare obbria, — poi vol servire.
Eo, che servir talento,
la detta via tegno:
al male obbria consento,
20al ben, che ’n mente e ’n viso ognor me sia;
e l’opra laudata
(di ciò metter son degno)
è sí, che sia cercata
a chi è d’alta donna en segnoria.
25Se serve for fallenza,