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376 nota


237, v. 1: «Montuccio» è certamente Monte Andrea del quale segue nel ms. A la risposta per le rime.

v. 3. Intendo: a cui fo sapere qual sapore ha il mio frutto.

238. II sonetto è indirizzato da un anonimo a Guittone, che risponde col sonetto seguente. Ma il senso risulta solo in parte dalle quartine sia dell’uno che dell’altro sonetto e si oscura in modo per me irrimediabile nelle terzine. All’ultimo verso s’allude ai protagonisti del romanzo di Chrétien de Troyes, Érec et Énide.

240. Questo trattato d’Amore si legge in un ms. del Escorial (Cod. c. Ili, 23) e fu da me pubblicato nel Giorn. st. della lett. it., XCVII, pp. 49-70). È una collana di sonetti ad illustrazione d’una figura d’Amore, che il ms. non ci ha conservato. La lez. del ms., quale fu giá da me riprodotta, è qui lievemente variata per togliere le peculiaritá grafiche ed i venetismi propri di quel codice. Ho conservato alla testa di ciascun sonetto le rubriche che si leggono nel ms.

v. 4. Intendi: che ha fatto al tuo cuore.

v. 9 segg. Il senso delle terzine è questo: Amore si dipinge come vedi qui e cosí si dipinge ciascun amante ferito fino al morire da un vano sembiante. E io dico che a chi è cosí ferito manca pure il desiderio di curarsi: ciò che largisce Amore teme rimedio.

v. 14. Dopo il sonetto doveva esser riprodotta la figura d’Amore, cosí com’è descritta nel passo che segue. I versetti che si trovano in continuazione completano il senso del sonetto: se curarsi e guarire è cosí facile, non volerlo fare è disonorevole. Nel desiderio di non curarsi è dunque disonore, ma nel desiderio di guarire è nobiltá, «barnaggio», cioè baronaggio, poiché sottostare al nemico diminuisce il valore, è avvilimento.

242, v. 7: è con una «te». Intendi: il nome in volgare è con una «te», cioè aggiungendo a «mor» un «te», si ha in volgare «morte».

245, v. 5. La prima parola del verso è ricostruita. Intendo: si vede fin dal tempo antico cosí come un novizio in ciascun mortale ecc.