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199, v. 8. Intendo: se, come è detto ne’ versi precedenti, per se stesso ogni buon cuore deve amar la virtú ed odiare il vizio, quanto piú non deve farlo in considerazione di ciò che ciascuno (cioè la virtú e il vizio) dá?
201, v. 12. Intendo: la virtú vuole libera la volontá e chiede d’operare volentieri nascostamente, come davanti ad un gran pubblico.
203. È in risposta al son. indirizzatogli da Meo Abbracciavacca, pubbl. dallo Zaccagnini, Rimatori ecc., p. 10. L’Abbracciavacca osservava che alla castitá è necessaria l’astinenza dal mangiare e dal bere; e perciò i santi padri frenavan lussuria con erba ed acqua. Si può, domandava, rimaner casti non astenendosi dal bere e dal mangiare? Guittone risponde che è possibile.
v. 2: «cred’om ecc.»; cioè: credo che l’uomo esperto dica che è, sí, necessario mangiare e bere, ma non la lussuria.
v. 5: «apparo», so, conosco, riconosco; e cioè: riconosco che è necessario, cioè inevitabile, lo stimolo alla lussuria.
v. 8. È concetto conforme al v. 9 del son. dell’Abbracciavacca. Contrario a chi vuol vincer lo stimolo di lussuria è certo il mangiare e il bere, ma molto piú, come ho sperimentato, gli son contrarie le delicatezze del mangiare e del bere.
v. 13. Il Val. pone «:» dopo «cor», ed emenda, nel verso seguente «e si» in «cosí». Mi sembra invece che «gran valimento» debba considerarsi come oggetto di «han difeso» del verso 11.
204, v. 6. Verso oscuro. Il ms.: «chessenbra pio uia cheuenesiamarchi»; il Monaci: «che ssembra piò ’n via che Venesia Marchi», e spiega «Marchi» come «persone col nome di Marco». L’espressione «piò via» è comune come «mante via»; intendo: che sembra molto piú di quel che Venezia in confronto di quelli che si chiaman Marco». Per «a» in questo senso, cfr., per es., il son. 190, v. 12. Si potrebbe anche pensare ad un lieve emendamento: «piò via ch’en Venezia Marchi»: il senso sarebbe il medesimo.
v. 8: «sovralarchi», cioè larghissimi, ed è spiegazione del Monaci.
v. 11: «accorgo»; intendo: guido; il Mon. e il Val.: accorro.