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annotazioni ai sonetti ascetici e morali | 365 |
alcunché di bene, questo finisce col tornare in gran male. Ed è questo un concetto ripetuto a sazietá dal nostro.
167, v. 1: «Gioncell’», che il Val. spiega «giovincello», è invece un uccello acquatico; ant. franc. «joncelle», e dunque «gioncella». V. Not., 9 .
v. 3 . Il senso è: una piccola favilla di sdegno può pian piano accendere un grande furore anche in un mite cuore. Pur chi considera un gioco il male altrui, e cioè non dá peso al male che gli può venire dagli altri, con l’andar del tempo finisce per contrarre il viso («s’agruma» vale forse si contrae, e quindi s’aggrotta, si atteggia a disgusto e a disdegno).
v. 7. Il senso è molto oscuro e la lezione incerta. Il ms.: «Lultime attesemante uolte nocho». Il Val.: «L’ultime attese, mante volte, noco»; ma non capisco che relazione abbiano qui col senso le «attese»; e «noco» per «nocono» (ché questo immagino abbia pensato il Val.) se non impossibile, è certo alquanto sforzato. Non meno sforzato, ma piú aderente al senso parrebbe interpretare: Se io nuoccio molte volte, ripetutamente, l’ultimo atto è che Dio parte ecc.
170, vv. 10-11. Il senso è: si può dir libero solo chi non ha voglie fuor di ragione e non ha quindi ragion di temere e di subire l’imposizione di leggi divine ed umane.
171, v. 13: «par ben» o «ben tal», secondo C, cioè: un simil bene.
172. Il movimento di questo son. è simile a quello della canzone XXXIV, dove pure è un’enumerazione delle cose che son gradite al poeta; ed è imitazione nella forma esteriore, non nello spirito (cfr. Gaspary, Scuola Sic., p. 130 segg.) dei «plazers» provenzali. Cfr. Pellizz., p. 228 segg.
v. 1: «patiente»; il Val., seguendo il ms. A: «piacente»; e forse la lezione piú esatta sará: «paciente».
v. 2: «engiulia» è lez. di B, corretta dal Val. in «ingiuria»; il ms. A: «angostia», ma sarebbe una ripetizione di «dolore».
v. 3: «ben umil», cosí il ms. A; B: «benigno al»; ma cfr. v. 1: «ben patiente» e, pel concetto, il v. 23 della canz. XXXIV.
v. 14. Cioè: per questo mi piace piú d’ogni altro il vincitore di questa guerra. Cfr. XXVI, 31.