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364 nota


la lett. XXVI. Nel ms. C poi i sonn. 161, 162, 170, 171, 215 sono posti di seguito come stanze d’un’unica canzone; ma il son. 170 non ha nulla a che vedere con la presente coppia, alla cui unione provvede anche la ripetizione dell’ultima parola del primo («mira») con la prima del secondo («miri»). Credo che il senso sia questo: Osservi bene il suo stato ciascuno che ne abbia bisogno e si mantenga ben diritto col suo buon sapere e non giudichi e consideri come rimprovero ciò che invece è scritto proprio a sua salvazione. Desideri — prosegue con linguaggio figurato — che il suo drappo sia ben cardato e non unto. Il cardare, cioè la cardatura, risulta unticcia dove il pettine non ha funzionato bene, dove cioè il palmare (che è forse la stessa cosa che la palmella, cioè quella lana broccoluta che s’accumula ne’ denti del pettine impedendo che questo funzioni bene) è trafitto, cioè è oltremodo fitto. Se uno allontana da sé i lusinghieri, l’oro, gli amici, deve in seguito per conseguenza dar poca importanza al potere e al profitto. In sostanza, quanto piú cerca di elevarsi tanto piú è infisso indietro ed in basso. Perché se il potere può esser procurato da un soldo e il volere da una libbra, perché si paga meno dove s’acquista di piú, maggiormente gode il mondo e Dio chi, da signor saggio, che si libera da ogni interno od esterno dissidio, che spegne in sé ogni vizio e mostra la propria virtú, ha il dominio di sé e del suo.

163, v. 11 segg. Intendo: ed io continuo a disdegnarti e perseguitarti, come tu fossi un reo o un mio grande nemico, e — poiché non poteva piú — sempre a dolermi; e tu invece mi sei («ème») sempre amico e sempre mi cerchi, quasi io fossi per avventura necessario.

164, v. 7 seg. Ha detto che il dolore ha stazione in lui e lo fa star male; ora aggiunge che amore oppone a questo delle gioie, ma queste gioie è pur necessario che debban finire in noia.

v. 14: «ch’a mal», è un emendamento; il ms.: «conmal»; il Val.: «ch’on mal», intendendo «on» come sincope di «onni».

165, v. 9 . Il senso par questo: Se, nella condizione di chi ama, tu valessi appieno in ciascuna virtú tanto quanto valse il re Alessandro nel donare, pure chi conosce bene le cose ti disprezzerebbe, perché in amore troppo è il male, e, se anche vi appare