Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/366

362 nota


151, v. 8: «fallore», è emendamento del Val., che accolgo perché la lez. del ms.: «follore» è da ritener guasta, non potendosi ammettere la ripetizione della stessa parola in rima a tre versi di distanza.


153. v. 22: «bestial», con valore di neutro: fa cosa bestiale; Val.: «bestia ’l». Il senso è: forse non vitupererebbe giá l’altezza della condizione umana, per cui senza dubbio condanna se stesso, il privilegio che ha l’uomo, e fa cosa bestiale.


155, v. 13. Il ms.: «Despiacciate ormai despiaccia mico desso». Il Val.: «Dispiacciati oramai, Amico, d’esso». Intendo: Ti dispiaccia di trar te stesso in inganno con lui, considerando come un tuo piacere il fatto che senti noia.

v. 18: «che alore». Il ms.: «chealbe»; il Val. emenda: «che alma». L’emendamento che propongo non persuade molto; ma un «alore», aulore, profumo, odore, aderisce un po’ meglio alla grafia del codice e al senso.


156. È una rima equivoca, volutamente oscura, dalla quale non mi è stato possibile trarre un senso soddisfacente. Nulla è sicuro nella lezione che io dò: «amare» od «amar è»?; «ha ’n more» o «han more»?; «com’on» o «como ’n»?; «amaria» o «a Maria»?; «mort’on no» o «mort’onn’ho» o «mort’on n’ho»?; «chente be» o «ch’è ’n te be»?; «amante» o «am’ante»? Ecc. ecc. Quando si sian cercate tutte le soluzioni, anche le piú strane, non si giunge ad un senso; e se un senso par d’intravvedere, non s’è punto sicuri ch’esso sia quello buono.


157. Intendo: Non c’è quasi cosa piú sconvenevole e noiosa di questa e cioè che il male sembri bene e il bene male; e cosí non c’è cosa piú degna né piú graziosa di questo, che cioè appaia e sia discoperta ogni cosa di valore. E se questo male o bene risiede in tutte le altre cose, nell’uomo che è sovr’ogn’altra tanto preziosa, quale sará dunque? Appaia la virtú dov’è e non piú nascosta e viceversa ogni malvagia voglia viziosa sia smantellata, svelata e sembri in realtá tale quale è. Dico che io sperimento l’uomo meglio che in altro nel far reggimento, nel reggere, nel governare gli altri, perché occorre tutto il valore e tutto il sapere al rettore cavaliere, poiché in esso c’è «avvento d’ogni