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annotazioni ai sonetti ascetici e morali | 361 |
un emendamento. Sostituendo «onore» ad «errore», equivoco graficamente possibile, non si ottiene un senso soddisfacente, perché il fallo non è da riscontrare solo nell’onore, ma anche nelle altre due delle «tre cose». Ci si aspetta un concetto di questo genere: Tutti, buoni e cattivi, son stimolati da tre cose: onore, vantaggio e piacere; ma tutte e tre possono avere talvolta qualche fallo: intendo dire («ragiono») che onore ha dispregio, vantaggio ha danno e gaudio ha dispiacere. Per accostarci a questo che parrebbe il senso piú probabile, si è emendato «a» in «o».
v. 7. Il ms.: «ecchioor» cui altra mano ha apportato qualche correzione. Credo che dall’originale «ecchioor» sia paleograficamente possibile, ammettendo l’omissione d’un segno d’abbreviazione, giungere ad «ecchionor» ed alla lez. proposta che permette di ricavare un senso stentato, ma logico: È tempo ch’io ponga innanzi a tutto l’onore. Che sono il piacere e il vantaggio? Pur molto (e doveva valer meno) se si dispongan le cose bene e saviamente. Ché se essi sono contro l’onore, il vantaggio diventa danno e la gioia noia.
149, v. 5 . Cioè: e procacciare d’averlo.
v. 22: «non sian»; il Val. emenda: «lasciar» e non considera la frase come interrogativa. Mi sembra però che, conforme al concetto espresso ne’ versi 16-20, qui si voglia dire il contrario di quel che il Val. pensa. Se è vero che l’uomo riscontra spesso un danno in ciò che crederebbe un vantaggio, è logica la domanda: E non sarebbe bene ch’egli si stesse alle uova, quando non sian sicuri i pollastri?
150, v. 4: «nobel»; il Val.: «mobil»; ma il danno è che una nobile terra sia distrutta da una scossa («discuso»), come una bella nave da una piccola falla («pertuso»).
v. 17: «E chi ecc.»; il Val.: «e chi nol vede?». Il senso si ricava a fatica: E chiunque lo vede un qualunque brutto viso è piú turpe di quanto piú esso è pulito. E cioè: come sul viso pulito la macchia appare piú che su quello sporco, cosí dove c’è piú valore piú lede il vizio. Perciò chi si crede migliore meglio deve guardarsi dall’esser deturpato («unito» = onito, aunito) dal vizio.