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annotazioni ai sonetti d’amore 355


di piú, cioè ne ottenga altri favori». Ma il Parodi, notando che «parie» è congiuntivo e «fae» indicativo, propose di correggere, come ho fatto «e ve» in «ove» e di intendere: «la donna consentirá luogo dove egli le parli; essa gli concederá forse anche di piú».


105, v. 1: «l’amante». I mss.: «la donna»; l’emendamento è del Pell.


106, vv. 1-8. Il Pell. dichiara di non esser riuscito a cavare il senso di questi versi; ma il Pellizz. (p. 284) giustamente proponeva di intendere: «Mi pare d’aver ben dimostrato la via che [debba usare] chi la sa compiutamente usare, e che per necessitá quasi debba [usare] colui che dura di buon cuore all’amare. Quando l’uomo vuole la balia [della donna], e quando l’abbia, non pena molto se non [s’]allontana [da questa via]; e so ch’è difficile [allontanarsene], e se ne ricava poco profitto».


108, v. 12: «e lo suo stato alegro». Il Pell. aveva stampato cosí, spiegando: «e procuri di trovarla di buon umore, mentre in pari tempo ella sia crucciata ecc.»; ma nelle «Aggiunte e correzioni» (p. 364) notò: «Meglio s’accorda col senso complessivo il leggere cosí questo verso: E lo suo stato ál egro e ’l suo pensare...». Ma il Parodi si domandava: «lo «stato alegro» della donna non sará il suo buon stato di salute? Dev’essere cioè fisicamente ben disposta. Guittone la sa lunga».


109, v. 4: «degna», cioè: conveniente, adatta.

v. 10 seg.: «e di che fare ecc.», cioè: e di quello che essa sempre dica di fare e in che punto le paia conveniente che sia fatto.


110, v. 14: «che n’ostarie ecc.», che ne ostacolerebbe, gli diminuirebbe la pena.


111, v. 7. Il Pell.: «ch’è di gemma».

v. 9. Il Pell. discute a lungo la lez. di questo verso e stampa: «Or tale pregio par donna av.», spiegando: «Ora sembra proprio che un tal pregio (attribuito poeticamente ad una donna) possa aggiungere lustro alla donna medesima, mentre essa, insieme con