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annotazioni ai sonetti d’amore 353


v. 6: «covrire»: il Pell. nota l’uso del vocabolo piú proprio del connubio ferino che umano.

v. 12: «de ragione», è ricostruzione mia in luogo di «veramente» di B e «ciecamente» di A. Il Val. e il Pell.: «veramente»; ma la metrica richiede qui una rima in «-one»; ed una rima in «-ente» isolata, senza rispondenze, è del tutto irregolare.

v. 14: «ch’e’». Seguo il Pell. che cosí ha diviso il «che» dei mss. intendendo «ch’e’» come: ch’ei, che sei.


83, v. 6. Il Pell. esclude questa lez., di A, e legge: «dann’e disnor a me con tuo s.».


84, v. 9: «mente», lez. di A; il Pell.: «nente», e spiega: «... che non mi tieni buona né bella, qual credi tu che sia per incontro l’opinione mia a tuo riguardo?». Intendo invece: se è vero che non mi tenga, possegga, occupi un pensiero buono e bello, qual credi sia quello che tiene te?


85, v. 1: «vezata», cosí A; ma B e il Pell.: «viziata». Penso ad un «vezzata» che può significare: piena di vezzi, ed anche: astuta, concetto che s’addice a quello di «gioco», di cui al v. 4.

v. 5 segg. Il senso è: n’esco sconfitto; e mi piace, dal momento che tu sei sempre vittoriosa in ogni mala parte, che tu non ti sottragga alla tua malvagia consuetudine.


86, v. 12: «la lingua corta», cosí B e il Pell.; ma A: «la lingua acorta», cioè: «la lingua accorta», prudente: e potrebbe anche accettarsi.


87. Comincia con questo son. un «Trattato d’amore» o «Ars amandi», come vuole il Pellizz., p. 119, o «Ensenhamens d’amor», che continua fino al son. 110 compreso.

v. 3: «alcuno autore»; e sarebbe, secondo il Pellizz., p. 65 Aimeric de Peguilhan; ma giustamente R. Ortiz (Giorn. St. LXXXV, 79) vide qui un accenno ad Andrea Cappellano.

v. 7: «ad esso», cioè: di codesto desiderio.

v. 11: «fare di ciò che vol». I mss.: «fare e dire ciò che vol»; il Pell.: «fare e dir giochevol». Su questa lez. v. Not., 8.

Le rime di Guittone d’Arezzo. 23