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64, v. 14: «donna, senza»; il ms. B: «donno sensa», donde il Pell.: «donna, ò senza»; ma mi sembra che il verbo si possa sottintendere.

65. Rima derivativa: sul bisticcio, di cui fan le spese Elena e Paride, v. R. Ortiz, nel G. Stor. LXXX, 249 e LXXXV, 91.

v. 2: «che no ecc.»; intendo: che non ne è altro folle (di gioia) al pari di me.

v. 3: «spare», cioè: dispiace, il contrario di «pare».

v. 6: «paro», cioè: riparo, difendo.

v. 9 segg.: «apparasse... apparo... para... paresse»: intendi: imparassi... riesco... apparisca... si rivelasse.

v. 12: «s’apparasse», si apprestasse.

67, v. 13 seg. Intendo: chi con poca ricchezza val molto, dá segno di quel che varrebbe con assai.

69, v. 5. Il Pell. segue il ms. B e legge: «Perché moglieri, o sorore, o parente». Parrebbe che, almeno per «moglieri», dovesse esser lecito far «noia e dolore»: perciò preferisco la lezione di A.

v. 8. Anche per questo verso il Pell. preferisce la lez. di B, e stampa: «perch’á ’n altrui bailia l’alma e lo core».

v. 14: «li gioca si», ed è lezione di A. Il Pell. segue B e legge: «li cresce si», spiegando: «Che se l’importuno custode persevera a vietare il passaggio e se l’amante non sa rassegnarsi ad attendere, questi (l’amante stesso) commette qualche follia, onde il danno ridonda su chi l’ha impedito». Mi sembra che si debba invece intendere: che se quello persiste ad impedire il passaggio e l’uomo (l’amatore) non può trattenersi dall’andare, la follia si fa gioco degli amanti, li perde in modo che lo scandalo e il danno si accrescono.

71, v. 5: «perché meglio». I mss.: «pero che meglio»; il Pell. emenda: «però che me’». Ho preferito emendare «pero che» in «perché», anche per l’analogia con i vv. 7 e 12.

75, vv. 12-14. Versi oscuri; il Pell. legge al v. 12: «s’aggio» e al v. 13: «lo chiar e scur ben è meo c.» e spiega: «ben è il mio convenente, cioè la mia condizione, d’ignorare io stesso se