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annotazioni ai sonetti d’amore 349


uomo una minaccia di morte. Il Pell. e il Pellizz. spiegano diversamente.

v. 14: «se dir voglio» è congettura del Par.; il Pell.: «in dir ‛voglio’».


36, v. 9: «Non che», cioè: inoltre, per di piú.

v. 10: «se», cioè: che se, che se anche ecc.


37, v. 11: «amiraglio». Il Pell.: «a miraglio»; ma che valore avrebbe qui per il senso l’espressione: a specchio, ad esempio?


44, v. 5 segg. Intendo: e mi dici ch’io mi sforzi a dispiacerti, solo per far la figura dell’innamorato; e non t’è necessario, perché io non ho apparenza tale da poter far innamorare di me qualcuno.

v. 11: «e non te vale». Intendo: e non ha valore per te. Il Pell., seguendo B: «né non te vale», cioè: «per cui sprechi il tuo tempo».


45, v. 8: «poi», cioè: dopo la prova. Il ms. B: «lor», donde il « ’lor», cioè: allora, del Pell.


48, v. 3: «di’», per «dia» o «die», ‛debes’ infatti il ms. A: «lo dia tosto». Potrebbe anche leggersi: «dia, ‘vacci’ acc.». L’amante deve chiedere, la donna deve negare.


50. Letteralmente il son. si spiega cosí: v’ho molto pregato di non trovarvi dove io vi veda o vi oda, per cessare cosí d’amarvi; ma invano. Ditelo dunque chiaro ch’io vi debbo vedere ed udire senza peraltro amare né servire. A voi piace solo ch’io moia. Ma mi sforzo a vivere per disservirvi, poiché non mi vale servirvi. E questo forse mi gioverá, perché s’addice lá dove, come in voi, è partita conoscenza.


59. Questo sonetto è in risposta al son. 49 e sarebbe stato da collocare dopo quello, se non ci fossimo proposti di conservar l’ordine del ms. B.


63, v. 2: «servon». cioè: servano, serbano, con un fenomeno d’assimilazione ed espansione analogica che perdura nel dialetto chianaiolo (v. S. Pieri, Nota sul dial. aretino, Pisa, 1886, p. 40).