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annotazioni ai sonetti d'amore 343


v. 11. Nel primo emistichio m’attengo alla lez. di A, laddove B, seguito da tutti i precedenti editori, ha: «ma ciò d.». Non vedo come l’avversativa possa dar senso, ché anzi qui si vuole spiegare la ragione dell’asserzione precedente e cioè che egli non vede che cosa ci perderebbe se si degnasse di mettere un poco in valore la misericordia, ché anzi — soggiunge — questo ucciderebbe l’orgoglio e vi starebbe bene, donerebbe grazia. È il concetto medesimo che si troverá anche nel son. n, v. 3: «che merzé vince orgoglio e lo decede». Nel secondo emistichio i mss. hanno concordemente «orgoglio che vi sta bene», e cosí stampa il Pell. senza preoccuparsi troppo della misura, in omaggio alla quale il Val. ridusse «orgoglio» in «orgoi». Ma io non vedo come potrebbe trarsi un senso conservando il «che»; e non esito ad emendarlo in «e», come richiedono il senso e la misura.

v. 12. Anche qui credo che si debba giungere ad un emendamento. I mss. hanno: A: «Soviemi tanto», B: «Tene me tanto». Il senso corre, seguendo come han fatto i precedenti editori, la lez. di B, cioè: mi preme tanto di trovar mercé, ecc. Ma la rima al mezzo non mi pare che possa essere «-ene», conforme all’ultimo verso della terzina precedente, ma debba essere «-eo», com’è in tutti gli emistichi dei primi versi d’ogni strofa. Né è possibile pensare ad un emistichio di sei sillabe: «Tene me tanto ch’eo», quando negli altri versi è sempre di due o tre sillabe. Il senso è: io tengo tanto a trovar misericordia, che, in fede mia, altro non si fa piú da me, se non invocar mercede.

10, v. 1. In B manca il primo «mercé», che in A è «merzede». La ricostruzione, operata giá dal Valeriani, è ovvia. Il Pell.: «Amor, per Deo, mercé, mercé, mercede».

v. 3 seg. Il senso è: per misericordia si perdona, si risparmia la morte a chi ha ben meritato di morire.

v. 7: «vertú», cosí A; ma B, seguito dal Val. e dal Bell.: «pietá». Il senso mi sembra questo: mercé per suo valore vince anche Dio, cioè lo stesso Dio è vinto dalla virtú della misericordia. L’espressione «per vertú» si riferisce dunque non a Dio, ma a mercé.

11, v. 12. Il Val. e il Bell., seguendo la lez. di B, leggono: «Deo fece está mercé si gr.», evidentemente intendendo che Dio