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ANNOTAZIONI AI SONETTI D’AMORE
1, v. 12: «facie». Preferisco questa forgia e la seg.: «vade» del ms. A a «facci» e «vadi» di B.
2, v. 9: «tu», manca nei mss. ed è emendamento del Pell.
v. 12: «l’averesti in». Seguo, contro l’opinione del Val. e del Pell., la lez. di A, laddove B legge: «la vorresti al». È possibile che il poeta ammetta che Amore, pur volendo la donna a lui sottoposta, non abbia tanto valore»? Mi par debba piuttosto dire: Tu mostri di non aver tanto valore di ridurla al tuo potere; credo invece che ti sarebbe agevole. Ma se non puoi sottoporla a me, tuo servitore, fa almeno ch’io non debba morire.
4, v. 5. Seguendo fedelmente A, mi sembra si possa ottenere questo senso: che inoltre, com’è buon diritto, accade che l’una cosa suol succedere come l’altra, può cioè avere l’un effetto come l’altro. Intendo dunque «sorte» come verbo, laddove il Pell. vi vedeva un avverbio («sorte che», nel caso che), e il Par. un sostantivo: destino.
v. 10. Sull’interpretazione del verso il Pell. nota: «non avendo io coraggio di mostrar piacere verso ciò che mi piace», e il Pellizz., p. 280 preferisce la lez. di A: «usare me» per spiegare: «non usarmi piacere ciò che per natura sua è piacente (la donna)», spiegazione questa esatta, ma che non richiede necessariamente la lez. di A, poiché «osare» vale: usare.
5, v. 9 segg. Intendo: Il dolore che mi viene da voi, mi spegne, mi distrugge, poiché voi siete assai piú bella e crudele d’ogni altra, e piú mi interessa il vantaggio e il danno che vengon da voi.