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annotazioni alle canzoni ascetiche e morali | 337 |
sirima rimane, come rima, isolato. Ora perché d’altro lato, rimando (sempre nella sirima) il verso 3 con l'8, non resti isolato il v. 4, troviamo che nella stanza 2 il v. 4, endecasillabo, è seguito da un settenario che con esso rima e che è fuori dello schema; e nel commiato la corrispondenza è con la coppia ch’è in ultimo. Lo schema della sirima varia pertanto nel modo seguente:
st. 1a, 3a 5a e 6a: | F | f | G | H | — | i | i | H | L | l | m | m; | n | o | o | p | p | G | g | N |
» 2a | F | f | G | H | h | i | i | G | L | l | m | m; | n | o | o | p | p | Q | q | N |
» 4a e 7a | F | [f] | G | H | — | i | i | H | L | l | m | m; | n | o | o | p | p | Q | q | N |
commiato | F | f | G | H | — | i | i | G | L | l | m | m; | n | o | o | p | p | H | h | N |
v. 1: «vogliosa», cioè: che sia voluta.
v. 2: «sanando», cioè: a sanare; e cosí al v. 28: «spegnando»: a spegnere.
v. 10. Intendo: Il folle crede scusarsi accusando Dio d’esser ignorante ed iniquo.
v. 20. Cioè: ma dá aiuto e medici per sopportare la prova.
v. 22: «contrarii», contravveleni.
v. 39 segg. Intendo: ma se non vuol vincere de plano, senza difficoltá, come potrá volerlo quando occorra farlo con dolore ed afflizione? Laonde vana sarebbe la mia opera, se prima non sanassi la volontá. Ed è difficilissimo che nella gravosa opera di sanar la volontá, s’abbia in schifo ciò che si ama; non si riesce facilmente ad odiare ciò che piace. Onde nessuno ardirebbe dire di guarire, ma di assegnarsi un dovere col dono di Dio, intendo dire qualora Iddio sani quel potere, cioè la volontá; ma il matto fugge il suo bene. Ahimè! S’è inimicato col saggio, s’è fatto amico se stesso, se esso fugge, egli gli tien dietro stimolandolo e lo afferra e lo trattiene validamente.
vv. 39, 40. La metrica richiederebbe qui un sol verso e non sarebbe difficile proporre: «ma se non voi di pian, como afrigendo», oppure: «ma com vorrá, sé afrigendo omo?». Ma v. sopra le considerazioni sulla metrica.
vv. 81-84. Intendo: Sarebbe non poco sconveniente per un buon banchiere comperare per una libbra d’argento un vetro qualunque. E non è cento volte peggio dare il suo, se stesso e Dio?
vv. 102-106. Versi oscuri, dai quali non so se sia lecito trarre questo senso: l’uomo, pensando di onorarsi, si copre di onta operando il male invece del bene; e chi può altro che disdegnare che il buono e il senno facciano il male o per il male? Il buono vuol esser fatto bene e per il bene.
Le rime di Guittone d’Arezzo. | 22 |