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annotazioni alle canzoni ascetiche e morali 335


la virtú, e cosí la grazia e l’amore, per chi ben sa. Il pregio di colui di cui unico merito è la gente (il lignaggio) sta poco o nulla nel bene esteriore, ma nell’interiore; ché, dove lui non muove se non la lode o il biasimo (pregio o onta, considerati come beni esteriori), spesso l’alto casato, la stirpe e la ricchezza digradano in cupidigia di potenza in vanagloria e nel desiderio di star bene.


XLVII. v. 2. Si tratta del conte Ugolino della Gherardesca e di Nino Visconti suo nipote. Cfr. L. A. Bresciani, Intorno a una canz. di fra G. d’A. ecc., (in Prop. N. S., vol. IV, p. II, p. 5 segg.) e Pellizz. pp. 175-180, che assegnano questa canzone al 1284, dopo la battaglia della Meloria.

v. 9. Intendo: perché nullo è il valore della podestá e della dignitá in confronto di quanto è grande ed onorato d’ogni onore quello della bontá.

v. 14. Cioè: come si può dir meschino chi è grandemente buono?

v. 18 segg. Intendo: Se non ha grandezza di bontá con sé, se cioè non è accompagnata da grande bontá, la grandezza del potere non può nulla e non deve potere; chi è grande per bontá ha ben valore di per se stesso. La grandezza del potere conviene quando si opera fortezza, per cui sarebbe bene che ogni malvagio fosse debole e viceversa tutti i buoni dovrebbero esser potenti frenando i malvagi e adoperare il valore dando valore ai buoni. Perciò solo chi è buono deve quasi amare di esercitar la potenza, poiché in essa potenza è in grado di adoperar la bontá. E se non è per questo, cioè per operare il bene, perché sarebbe concesso il potere e che cosa varrebbe? Perché quanto a valere, non val nulla, cioè il potere in sé non ha valore. Perciò non è che colui che vale ami il potere, che considera nemico e lo annoia sempreché non voglia né sappia valersene.

v. 43 segg. Il senso, secondo la lez. data, che è conforme ai mss., è il seguente: non so quando la vostra bontá abbia, trovi stagione o cagione o ragione nel mostrare il vostro oro «a propio e paragone», cioè secondo le sue proprietá ed il suo valore, se non lo mostra bene e prodemente ora, aiutando ecc.

v. 56: «onn’om». I mss.: «anno», il Val.: «ad un». Mi sembra inevitabile l’emendamento, poiché dalla lez. dei mss. non potrebbe cavarsi che un «a no’», a noi, che non soddisfa.