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annotazioni alle canzoni d’amore | 307 |
XVII. v. 1: «gente», gradita. Nella seconda stanza «gente» ha piuttosto valore di ‛largo’ e nella terza di ‛devoto’, tutte sfumature del significato fondamentale, che è: gentile.
v. 4: «de l’amorosa gente», cioè della gente nobile, cortese, alla quale è contrapposta ai vv. 12-14 la gente disonorevole, disprezzata dai «valenti».
v. 15: «Sor tutto amor», cioè: sopra ogni altro amore.
v. 22: «men», cioè: me. Il ms. I: «che me obrio».
v. 26: «tanto è dobla», cosí A e il Pell., il quale spiega: «tanto è doppiamente condotta a perfezione l’opera sua, piena d’ogni pregio».
v. 34: «sentore», apparenza, mostra. Il senso è: egli può ben farmi apparire dolce l’amaro, ma non può ridurre il dolce di tale apparenza, ch’io non lo riconosca.
v. 37: «piacente»: i mss. e gli editori precedenti hanno «valente»; ma il Pell., a proposito dei due ultimi versi della stanza «che conchiudono tanto poco», sente che «sarebbe mestieri poter sincerare la lezione, non essendo molto probabile che G. rimasse «valente» con «valente» a sei versi di distanza, e si domanda se «in uno dei casi non ci fosse in origine «piagente». Ho creduto di concludere il suo dubbio, congetturando «piacente» al v. 37, ché non potrebbe mutarsi per ragioni metriche il «valente» del v. 42, perché la parola si ripete alla fine di ciascuna strofa.
v. 42. Il senso è: È cosí dolce e piacente, che cosí nel cuore come nell’aspetto sta in modo che non si turba mai, né mai s’allontana quella serena ilaritá (gioia) che io ho provato da lui («da lui» è anche la lez. di I); cosí codesta gioia me lo fa, me lo rende dolce e valente.
XVIII. v. 11: «han ’n suo», è la lez. di A K (Ricc. 2846) e del Val. I mss. B C hanno: «a suo», e il Pell.: «á [a] suo».
v. 38: «ma che prodezza p.». Preferisco la lez. dei mss. A K (e in sostanza anche C) alla lez. di B: «ma ben proezza p.», accolta viceversa dal Pell. e dal Val. Alla preferenza mi conforta anche l’uniformitá del costrutto col v. 26.
v. 42: «valor»; il Pell. ha preferito «valer», che, di contro agli altri mss., è dato solo dal ms. C.
v. 59: «perduta», cioè: pérdita, è mia ricostruzione. I mss. hanno: A: «perdetta» e C: «perdicto». Il senso è: Ser Orlando da Chiusi, a voi mai avvenne che una perdita qualsiasi abbia