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vv. 24-26. Seguendo il Par. divido «riccore» del v. 25 in «ricco re», e intendo: perché non v’è ricchezza che uguagli quella d’amore; né una regina può far ricco un re quanto un uomo umile e basso, come sono io (perché chi è giá ricco poco s’avvede di ciò che gli s’accresce); né amore ha permesso che vi sia regina, la quale v’uguagli (nel potere di far ricco un uomo).
v. 29. Ho seguito, come il Val., la lezione dei mss. B C I. Il Pell., lievemente modificando la lezione di A, stampa: «che non di vita à fiore». Il senso è comunque il medesimo: Come un uomo che non ha punto di vita può durare ecc.
vv. 51-52. Il Pell.: «Poi savere... il core?». L’«E» iniziale è del ms. A; il punto interrogativo posto dal Pell. alla fine del verso 52 mi sembra non dia senso.
vv. 61-62. I mss. B I danno una lez. diversa dai mss. A C. Il Val. e il Pell. s’attengono ai primi, e il Pell. legge: «Ed è neente il dolor meo, par Deo, — ver che m’è el vostro, amor, crudele e fello:». Il senso non è molto diverso: «Io mi dolgo sí del mio male, ma piú mi è grave il male vostro»; o, secondo il Pell.: «Il mio dolore è niente, a confronto del pensiero che voi pure soffrite».
vv. 67-70. Questi versi sono introdotti solo per spiegare l’asserzione dei vv. 65-66 e cioè che la sua donna sia la piú fedele innamorata che sia mai stata messa a prova, perché un amore vero e profondo, corale, la condusse a voler bene, non altro: non la mia arte d’esserle umile e dimesso, che essa non ha mai apprezzato (lez. dei mss. A C), oppure: non la forza, il valore, la bellezza, la ricchezza, qualitá che io non ho mai posseduto (lez. B I). Il Pell. s’attiene alla coppia B I, aggiungendo «forza» che toglie dagli altri mss.: «ché bealtá, forza, o valore, o avere ecc.». Egli è stato forse indotto a questo non soltanto dal fatto che di regola preferisce la lez. di B a quella di A (cosí ha fatto anche ai vv. 61-62), ma anche dalla oscuritá della frase, che peraltro deriva solo dalla costruzione e disposizione delle parole, non infrequente in Guittone.
v. 75. Intendi: e forse anche per questo vostro confortarvi voi mi farete ritornare, se mai mi accadrá, in allegrezza.
XV. v. 4: «guerra». Questo accenno e l’altro del v. 66 sono stati esaminati sia dal Pellizz. che dal Pell., il quale concludeva che si riferissero agli avvenimenti del 1259, all’assalto cioè che gli Aretini, rompendo gli accordi del 1256 con Firenze, dettero