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conta (si dice) piú a lei, che ad altra (donna), marchesa e contessa». Si potrebbe forse anche interpretare: «perch’è marchisa e conta: ecc.», cioè: si deve decantarne il pregio perché è marchesa e contessa: è stimata piú d’ogn’altra ecc.

vv. 19-27. Ho talmente spinta la voglia d’amare, e tanto mi sta dipinta in cuore la sua grazia, che credo non mi penta mai di servirla, né sia da me scacciata la sua figura. Perché essa mi ha spinto lungi da ogni fastidiosa noia e condotto a ciò che piú mi piace; perciò i miei piaceri gagliardi e veloci si sono sempre spinti verso di lei; né credo che mai mi penta di ciò fare.

vv. 28-31. Il Pell., che di fronte al «so» di A e al «sa» di B, legge «soa mercé» al v. 28, e non pone il punto interrogativo alla fine del v. 29, spiega: «So che la sua mercé drittamente (a ragione) le avvisa (le dá notizia) che «per me» (da parte mia) si pensa e si ha in vista un altro bene», e lascia senza spiegazione i vv. 30-31. Ma non sembra possibile che il poeta ammetta come ragionevole che si pensi a sue distrazioni; né tal dichiarazione sarebbe concorde con quanto si dice in tutta la canzone. Sará da pensare ad un emendamento di «ben» del v. 29 in «non», oppure si dovrá dare, come ho fatto, tono interrogativo al verso? Credo che il senso sia questo: So che le è a visa, ch’ella guarda ciò ch’è giusto, so che guarda ciò che è pietoso; e che altro si pensa e s’avvisa per me? (Ho forse io diverso avviso? No...), ma so soltanto separar lei, distinguerla da tutte le altre, e la sua figura mi si mostra, mi appare in ogni visione.

v. 32 segg. Ecco la parafrasi del Pell.: «Cosí m’ha dipartito e separato da tutto quanto io aveva avvisato (pensato, divisato) fin qui: ché a me non piace ch’io avvisi (mi proponga) altro scopo, e dico per veritá che gli altri volti (i visi delle altre donne) a confronto del suo sono lungi da ogni beltá. Io la prego ch’ella sia sempre saggia e prudente, cosí che non m’abbia ad uccidere (col suo disdegno) una qualche volta, in cui le venisse temenza che io la offendessi: a meno che non assaggi prima ed esperimenti la veritá dell’accusa, e ciò per mezzo di «affermata saggia» (di sicure prove). Perché io sono cosí coperto e prudente nell’amarla, che nessuno può «levar saggio» (esser fatto certo) del mio amore: onde io la prego che mi assaggi (mi metta alla prova) come le piace e come vuole, per poi rimeritare tutte le mie operazioni «in saggi» (a prova fatta?) secondo piacerá a lei, ed in generale ai saggi ed ai valenti». Ma, al v. 40 «per affermata