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annotazioni alle canzoni d’amore | 297 |
v. 5. I mss. hanno: A: «como noncolpa», B: «com non c.», I: «como nol c.». Il Val. e il Pell.: «com no ’n c.»; ma sará piuttosto da dividere: «c’om no ’ncolpa» o «ch’om non c.», lezione chiarita dal ms. I, cioè: che non si incolpa, senza che alcuno lo incolpi, senza essere incolpato.
vv. 6-12. Per la lez. e spiegaz. del passo v. Postille, III. La lez. data è conforme ai mss. eccetto per «piache» del v. 11, corretto in «parte». L’amico prof. Quadrelli mi suggerisce un emendamento audace: «plaghe». Il senso è: mi trovo in entrambi i casi suddetti, perché mi si attribuisce un gran pregio per cose che non ho né mi è dato trovare neppure in parte; ed anche non si pensa che io vado lá dov’egli non pensa («dispensa»), e mi sa buono, ci sto bene.
vv. 16-18. Il Pell. dichiara di non esser riuscito a rivelare il senso di questi versi. Sará forse da intendere: ch’io lo so per veritá che esso, cioè il bene, non verrá verso il freddo, non si raffredderá, senza «tener fior stroppo», senza aver punto un germoglio. Ma bisognerebbe ammettere che «stroppo» stia per «streppo», metatesi di «sterpo».
v. 29: «ciò che — spiega il Pell. — ha in obbligo di credere; oppure anche: sebbene veda spesso ciò che, in quanto a credere, ha officio (di far credere)».
vv. 39-40. Il Pell. nota che lo schema metrico richiederebbe qui una rima diversa da quella dei vv. 37 e 42. Perciò egli ha creduto di emendare: «pro[e]: tro[e]», propendendo anche per un emendamento piú radicale: «prove: trove». Tuttavia, per quanto il troncamento «tro» per «trova» sia quasi inconcepibile, non ho creduto di variare la lezione dei mss.
v. 41. Intendo: che altro mi muto, cioè divento altro, a seconda del momento.
vv. 47-48. «Giá le ciarle — spiega il Pell. — non «me ne tolgono in preda», non mi rapiscono nulla di quanto possiedo».
v. 54 seg. Intendo: perciò, se ha luogo, cioè se conviene render grazia per un tal servigio, volentieri io la rendo a loro.
v. 57: «non prendan molla». Il Pell. si richiama al senso che conserva in alcuni dialetti il vb. «mollare», cioè «cessare, restare» e spiega «molla» come un astratto, coniato su questo verbo. In sostanza spiega: «non cessino mai». Il Val. riporta la chiosa del Salvini: «molla = mole, fastidio»! Penso che «molla» abbia qui valore di: impulso, come giá spiegai nel Gloss. p. 563.