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perché fede schietta e volontá grande e piú le buone azioni lo aiutano e fanno salire, perché tale volontá, tal fede Dio ha fatto valere».

v. 105. Col v. 105 termina la canz. nel ms. C; nel ms. A segue il congedo; ma i mss. B I introducono tra il v. 105 e il congedo i seguenti versi:

Una statova ho, donna, a voi sembiante
che li me sto davante
si como l’omo face a la pentura
de Deo, en sua figura;
e rendo lei, per voi, grazia e onore.

Li pongo qui in nota, come giá fecero il Nann., il Torr. e il Pell., perché, anche se autentici, non possono esser considerati se non come un frammento d’altra stanza o d’altro commiato; ma estranei, cosí come sono, al senso, sia di quel che precede, sia di quel che segue, e ripetendo un motivo trito della lirica cortese, costituirebbero un inutile ingombro.

v. 106. Per Corrado da Sterleto dice il Torraca in «Studi marchigiani» (1905-1906. p. 57 seg.), che «possedeva feudi nel contado di Senigaglia, fu ghibellino caro a Federico II e a Manfredi; ma il suo gran «pregio» gli meritò la stima del guelfo Guittone d’A.». Ma forse quando Guittone scrisse questa canzone non era il guelfo che poi divenne: era nel tempo della... colpa.

II. vv. 7-8. Intendi: Sopporta la follia che mi costringe a dolermi di te e ad esporti le mie ragioni.

vv. 9-10. Cioè: Sopporta per cortesia la mia follia che mi induce a querelarmi di te; e dopo, se riconosci che ho ragione, dammi occasione di soffrire, di sopportare cioè quelle pene amorose che sono l’unica fonte del bene d’amore. Per la lezione e spiegazione di questi versi e di tutta la canz v. Post. e Not.

v. 17 segg. Il senso è: non posso comprendere come, con il solo chiamar mercé, tu prometta loro assai meglio (che a me): ti son dunque tanto a schifo?

vv. 38-40. Intendo: appunto perché sono facilmente accolto da madonna, non mi sembrerá mai ‘forte’, cioè arduo e quindi degno frutto di fatica e di pene, goder di lei.

III. v. 21: «se»; cosí il ms. A. e il Val.; B e il Pell.: «si». Il Pell. spiega: «siete sí fattamente altera, che non vi lasciate