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edizione rigorosamente critica; non sarebbe, tra l’altro, nella natura di questa raccolta; ma debbo pur anche dire che, senza riferir nelle note l’apparato critico, esso è stato tenuto presente nel tentativo di dare una lezione, che meglio rispondesse alla intelligenza dei componimenti ed a quanto si può arguire circa la lingua e la grafia guittoniana. Sarebbero stati necessari frequenti e laboriosi ragionamenti critici per segnalare le ragioni per le quali mi discosto — e spesso in modo assai netto — dagli editori precedenti; e spiegare su quali elementi si fonda la lezione nuova che presento, senza peraltro aver la pretesa ch’essa sia definitiva e perfetta. Ma alla maggior parte di essi ho dovuto rinunciare per conformarmi alle norme degli Scrittori d’Italia.

Delle rime di Guittone esiste solo l’edizione che nel 1828 pubblicò in due volumi, uno di canzoni e l’altro di sonetti, Lodovico Valeriani. Il volume edito dal Pellegrini comprende i soli versi d’amore. Per le rime ascetiche e morali, e non per esse soltanto, dovremo continuamente riferirci alle fonti manoscritte, che, componimento per componimento, sono indicate nell’indice che segue1.

Delle 50 canzoni, 13 si leggono in un solo ms., delle quali 11 esclusivamente nel ms. B (Laur. Red. IX); e dei 251 sonetti, 146 hanno un’unica fonte che per ben 107 è il ms. B.

È possibile in queste condizioni ricostruire un testo sicuro? E quale norma si potrá avere per i fenomeni fonetici e grafici? Com’è noto il ms. B è uscito dalla penna d’un amanuense pisano-lucchese; e piú volte si è dubbiosi di fronte a lezioni che sono caratteristiche appunto dei dialetti toscani occidentali. Ma come impedire che il testo finisca appunto col colorirsi di pisano-lucchese nell’impossibilitá in cui siamo di variare il ms. B lá dov’esso è unico, cioè in ben 11 canzoni e 107 sonetti? E come accogliere d’altra parte le forme di A (Vat. 3793) che è viceversa opera di amanuense fiorentino? Donde dunque si potrá mai trarre quell’impronta aretina, che pur dovrebbe trovarsi in Guittone, il quale ci parla addirittura di «lingua artina»?2.


  1. V. alla p. 287. Per le sigle con le quali si indicano i mss. v. alla stessa pagina in nota.
  2. Per l’aretino e la lingua di Guittone ho avuto presenti: G. I. Ascoli, Saggi aretini. Arch. glott. it., II, 443-453; S. Pieri, Note sul dialetto aretino. Pisa, 1886; B. Bianchi, Il dialetto e l’etnografia di Cittá di Castello, 1888; A. Michel, Die Sprache der Composizione del Mondo des Ristoro d’Arezzo nach cod. Ricc. 2164,