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274 | sonetti ascetici e morali |
e ch’a le vene nocer tutto è dato,
10en vita l’omo sempre destruggendo,
l’alma menando a morte en inferno;
è mal senza rimedio alcun trovato
solo en voler seguir, nonché compiendo
sí come conchiudo: però l’inferno.
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De la significanza de li artigli de l’Amore.
La sovraditta morte per l’artiglia
mostra esser cosa che ’ngreffisce
e che demostra quello unde assottiglia
di retener ciascun che l’obedisce;
5sí cum astor che l’algelletto piglia,
che quasi senza morte nol largisce:
ciò è la losingevel meraviglia
d’alcun piacer che l’amante tradisce,
che quinci trade certo ogn’amatore,
10quando, retinendol, a morte ’l mena
per lusinghe d’alcun piacer tuttore.
E nullo è piú mortal velen né pena
d’ogni losinga, che l’om ten di fore,
né han li amanti piú crudel catena.
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Conclusione per la qual se conclude come l’amante solamente per le sovraditte figure e sposizione si dovrebbe fuggendo partir da l’Amore.
Sguarda, amico, poi vei ciascuna parte
d’Amor disposta en soa propria natura;
e mi responde tosto e non ad arte
che ti sembla pensando la figura,