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di frate guittone d’arezzo | 271 |
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De la nuda figura de l’Amore.
De lui, cui di’ ch’è morte, la figura
se mostra nuda; e nuda esser simiglia
d’ogni virtú e d’ogni dirittura;
d’allegrezze, di gioi a meraveglia
5dona desir cum pene e cum paura.
E ciò soffrendo, l’amante sottiglia
e tollei sí di conoscere la cura,
ch’al peggio ’n tutto cum orbo s’appiglia.
Donque l’amant’è, simel ch’Amor, nudo
10di vertú, di saver, di canoscenza,
e non ha de covrir li vizi scudo.
Per che ne de’ ciascuno aver timenza
ed a su grado metter forza a scudo,
ch’ei condusse Aristotel a fallenza.
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Del cieco esser de l’Amore.
Esso meraviglioso guai che dico
se mostra cieco: è cieco lo su stato,
sí cum om che non vede ed è orbato
e non conosce da loglio lo spico.
5Com novel si vede e per antico
en catun mortal ditto ennamorato
ch’egli è peggio che a morte piagato,
in esser di provedenza nemico.
Per che è carente ciascun amante
10di canoscenza e d’ogni discrezione.
E sia, quanto vol, savio e costante,
ch’ei vegia che convegna per ragione,
né piú che su’ disir porti avante;
e chi nol crede, guardi a Salamone.