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256 | sonetti ascetici e morali |
217
All’amico Finfo, al quale non vuol esprimere le dovute lodi in presenza.
Finfo amico, dire io, voi presente,
qual voi e quanto a me pregio presenta
e prov’appresso vostr’opera gente,
lo core mio non giá guaire talenta;
5e ragion e saver non mel consente,
laudar voi, si ben degno vi senta.
E voi non sia piú laudar me piacente,
se ’n vostro amor non v’è piacer ch’i’ penta.
Nescente conto certo o disleale
10laudare amico o ver signore in faccia,
se tanto o piò, com’el conta, lui vale.
Laccio coverto d’esca è laudar, o’ laccia
fellon semprice om e ’l mette a male;
per che chi m’ama a me’ laudarme taccia.
218
Bisogna odiare il vizio, amar la virtú, porre ogni desiderio in Dio.
Primo e maggio bono, al meo parere,
è ben scerner malizia a bonitate;
secondo, vizio odiar, vertú calere
e a poder seguir tal volontate.
5Ma scernere vertú e desvalere
e vizio retenere en amistate
via periglio piú porta e despiacere,
che ’l longiare per non senn’a vertate.
E poi t’è amico e ver dato sentire,
10a foll’e vano amor del tutto tace;
non giá, che senti e dici, in fatto isfarlo.
Mette nel Dio tuo bono desire,
il cui amor onni piacente piace,
che bono è sommo e gioi gioiosa usarlo!