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252 sonetti ascetici e morali

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Fra Guittone risponde esaltando la sua nuova vita.


     Giudice Ubertin, in catun fatto
ove pertegno voi, ver sor guittone;
quanto tegno del saver vostro matto,
son folle forte e ho rea condizione,
     5e perdo loco, dove solo accatto,
come deseguo voi, religione.
Ahi, ché non servo a Dio giustizia e patto
(e onne impeterebbi orazione!),
     como voi di forzo e di savere
10e d’onta, che neente è nigrettosa,
servite al mondo e dimandate avere,
     e per molta leggera e venal cosa
vi date tutto e, potendo apparere,
sembra soave voi cosa noiosa!

210

Allontanatosi dalla signoria d’Amore, ora soltanto può discernere
il bene dal male e il male dal peggio.


     Deo, con fu dolce e ben aventuroso
lo giorno che da me gioia partio,
ch’allora departi’ d’esser noioso
e despiacente a ragione e a Dio.
     5Allor tornò lo mio travaglio a poso
e a saver lo mio folle desio,
allora presi cor d’esser gioioso,
en guisa tal, ch’onni tormento obbrio.
     Ahi, como e quanto allegro esser deggio,
10poi da tua signoria, malvagio Amore,
l’alma e ’l corpo mio francato veggio.
     Non piò l’amaro tuo sami dolciore,
ché ben cerno da male e mal da peggio,
mercé Lui, d’onni mio bono fattore.