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248 | sonetti ascetici e morali |
201
Come si deve seguir virtú.
De vizi tutti, frati, e vertú dire
longa fora la tela e anoiosa,
e di ciò, che ditto è, credo venire
onni de vizio e de vertude cosa.
5Per che chi vol da vizio onni partire
e vertute tener lui delettosa,
entendo ben che ciò possa fornire,
se fede retta in isperanza posa.
E anco vol saver certo ciascono,
10che non vertú po dir se non vogliosa,
o, se per onor move, in mert’alcono:
libera voglia vole e cher ascosa
far volonter, com ante un gran comono,
e, in Dio grazia e sua, star graziosa.
202
Perché non ubbidiamo a Dio? È egli forse malvagio?
O carissimi miei, qual è cagione
per che sí forte Dio disubidimo?
È ch’el sia reo, o che ’l non giusto ’npone?
Ché s’è ciò, certo non mal, se ’l fugimo.
5Veggiamo donque d’esso onni offensione.
È lo bon sommo, e di bon tutto è primo,
ed impon noi che cor, fatt’e sermone
abbián lungi d’onni dilaido limo.
Discreto, retto, agente ordin orrato
10vol costum’ogni nostro, e a be sia,
e che l’un aggia all’altro in catun fato
amore, bonitate e cortesia;
e regno in pregio dar, s’è ciò servato:
ecco rea di lui tutto e villania.