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244 | sonetti ascetici e morali |
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Il buon desiderio.
Pensand’om che val bon disio, fa d’esso
che desia. Qual è no lo procura?
Non ozioso star mai li è permesso:
desio lo punge e mettelo ’n rancura.
5Und’abonda ’n sé, e, bon ovrando, spesso
sí fa vertute, quale, se ben dura,
vertuos’e beato om fa appresso,
e dá bon tutto: degno atto e’ lavura.
Onni cosa che val, val solamente
10da la propia sua operazione,
como non bono grand’omo valente.
Operi bon chi di bon vol menzione,
e non a bon restia giá, ma promente
a miglior sempre se pungia sperone.
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La mansuetudine.
Dolze vertú, mansuetudo, e degna,
e amatissim’a tutti, e graziosa,
no ira mai ’n te, né scandal regna,
ma nel mezzo di guerra ’n pace hai posa;
5ed in terr’ed in ciel gaudi tu’ regna,
e non giá t’è nemic’alcuna cosa.
Ira, la qual contrar’a te s’assegna,
che piò che fera quasi è feriosa,
te deletta, te chere, e te s’enchina,
10a ciò che tu li aiuti onne su’ardore;
e dolcissima lei se’ medicina.
Oh, quanto è bono tuo, quanto bellore!
Sí come naso a viso e tu a dottrina,
tu, di costumi ornament’e colore.