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236 | sonetti ascetici e morali |
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L’avarizia.
Avarizia tu meriti affanno
de plusor parte; e molt’angosci’ha ’n core,
ove piú prende te, con piú tradanno;
ché dentro voiti, u’ piò enpi di fore.
5Ricchezze sempre in te pover on fanno:
legne a foco son, montando ardore;
non mai soggiorno i toi giorn’e nott’hanno
in acquisto, in guardia od in timore.
Religiosi fai propietari,
10somoniachi chierchi e baratteri,
baron rattor, cavaler usurari,
ladrone e fel ciascun nel su’ misteri,
d’amici e di fratel grand’aversari,
e tener fai quasi Iddio denieri.
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La lussuria.
Lussuria, tu di saggi’om matto fai,
adultro cherco, e vil serv’om signore,
e tutto ’l secul quasi a male trai;
piò de vizio altro e piò d’altr’hai vigore.
5Corpo ’nfermi, invegli, poder isfai
e tolli pregio e ben d’onni valore.
Speziale in cherc’e ’n donna, ove restai,
affoga in onta onni lor ben e more.
Ahi, che mercato ontoso e matto aviso,
10Dio e sé dare e cos’onni sua bona
per parva e brutta gioi, mest’a tormento!
Ahi, che valente e coronato priso,
vincer te, e spezial gioven persona;
e che ontosa, om saggio esserne vento!