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228 | sonetti ascetici e morali |
D’altra parte pensero, affanno e pena,
superbia, cupidezza, envidia e ira
e ciascun vizio a sua guisa vo mena.
Lo non poder di voi v’affrena e gira,
15poder di vostro aversar v’incatena:
ben fa ciascun se ben su’ stato mira.
162
La rampogna, non la lusinga, conduce a salvezza.
Miri, miri catuno, a cui bisogna,
e col suo bon saver reggiase dritto,
e non giá prenda, né tegna a rampogna,
ciò ch’è, de proprio, a sua salute scritto.
5Ami nel drappo suo cardo, e no sugna:
cardar’è aunto ov’ha palmar trafitto.
Se losenghieri e auro e amici islogna,
pregi poi poco lo podere e ’l fitto;
dico che quanto el di montar piú pugna
10maggiormente è nel basso e dietro affitto.
Ché se poder fa soldo e voler livra,
perché meno si paga ove piú acquista,
ma’ gaude el mondo e Dio chi, segnor saggio,
che de sua guerra e d’altrui si delivra,
15soi vizi aspegne e sua vertú avvista,
ha de sé e del suo lo segnoraggio.
163
Si lamenta d’essere stato ribelle a Dio.
Ahi, che villano e che folle follore
fue ribellarmete, benigno Dio!
Or no, lasso, sacc’eo che creatore
e salvator e redentor se’ mio?