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202 | sonetti d'amore |
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La donna ha a noia il suo servire; ma egli non cessa di pregarla.
S’el si lamenta null’om di ventura,
a gran ragion mi movo a lamentanza,
sí come om, che si credia in altura,
4ed è caduto e tornato in bassanza.
E vo piangendo e moro di paura,
poi che mi vidi in tanta sicuranza
di quella, ch’è più bella criatura
8che Deo formasse senza dubitanza.
E par che m’aggia messo per niente:
e penso e veggio che non ha ragione,
11se non che l’è lo mio servire a noglia.
Ed io più le starò sempre obbidente,
e sempre le vo stare in pregasione,
14ch’ella mi renda la sua bona voglia.
127
Chiede perdono se l’ha offesa senza avvedersene: ha creduto di farle piacere.
Gentile ed amorosa criatura,
soprana di valore e di biltate,
voi ch’avite d’angel la figura,
4lume che sovra ogn’altro ha claritate,
merzé vi chiede fideltate pura,
se v’aggio offeso, che mi perdoniate:
e più mi pesa di vostra rancura,
8che se la morte di me ha podestate.
E dell’offesa fatene vengianza
in quale guisa più piacer vi sia,
11ed io la soffriraggio umilemente.
E s’io usai inver di voi fallanza,
credettivi piacere in fede mia;
14poiché vi spiace, il mio cor se ne pente.