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di guittone d’arezzo | 167 |
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Poiché alla crudele non piace che il suo tormento,
il poeta, pur a malincuore, cercherá altra che sia cortese e saggia.
Lasso, en che mal punto ed en che fella
e crudel parte misi intendimento!
Ché me e ’l mio disamo, e amo quella,
che nel mal mio poder mette e talento,
5e piò che cosa alcuna altra li abella
lo doloroso meo grave tormento:
ben è sembrante, oi me lasso, ched ella
fu fatta sol per meo distrugimento.
Adonque che ferò? Pur sofriraggio?
10Non giá; ma parterò contra de core:
se me non vinco, altrui mal vinceraggio.
E metterò lo meo corale amore
en loco tal, che sia cortese e saggio,
non che m’alcida, s’eo son servidore.
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Come potrebbe trovare altra donna cortese,
se la piú cortese del mondo gli è villana?
Ahi, lasso, como mai trovar poria
cortese donna, poi che m’è villana
la piò cortese ch’a sto mondo sia,
che per ragion tanto cortese e piana
5rechest’ho che mi don sua signoria,
ch’orso o dragone, o qual fera è piú strana,
sí nd’averea mercede e cortesia
e fora ver di me dolce ed umana?
Deo, como può sua dolce bocca dire
10parola amara sí crudelemente,
che fammi crudel morte sofferire?
Ahi, con mal vidi sua beltá piagente
e ’l suo chiar viso e suo dolce avenire
e ’l dire e ’l far di lei, piú ch’altro gente!