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142 | sonetti d’amore |
6
Anche il piú fiero nemico avrebbe compassione del suo stato,
ma non la sua donna.
Deo, como pote adimorar piacere
o amistate alcuna, a bon talento,
en me verso di quella, che parere
mortalmente nemica me la sento?
5Ch’eo l’ho servita a tutto ’l me podere,
e ’n chererli mercé giá no alento
che solamente deggia sostenere
senn’e orgoglio e facciami contento.
E non mi val; und’eo tormento e doglio
10di tal guisa, che se ’l vedesse pento
chi m’odia a morte, sí nd’avria cordoglio.
E tutto ciò non cangia in lei talento,
ma sempre sí n’avanza il fero orgoglio;
ed eo di lei amar però non pento.
7
Implora che la donna, anche se nemica, sia cortese verso di lui.
Ahi, bona donna, or, se tutto ch’eo sia
nemico voi, com’è vostra credenza,
giá v’enprometto esta nemistá mia
cortesemente e con omil parvenza;
5e voi me, lasso, pur con villania
e con orgoglio mostrate malvoglienza.
Ma certo en nimistá val cortesia,
e li sta bene alsí co ’n benvoglienza.
Ch’usando cortesia po l’om dar morte,
10e render vita assai villanamente:
or siate donque me nemica forte,
e m’auzidete, amor, cortesemente!
E piacemi non men, che se me sorte
a vita amistá vil desconoscente.