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di frate guittone d’arezzo | 103 |
55unde ciascun merto — par mova.
Chi mia sentenza riprova,
o vole di ciò faccia fede,
ch’aperto si vede — tuttore?
Forse ch’io perdo tacere,
60poi non so compiere — aonore,
ché vertú di tanto savere
sommo chere — laudatore?
Und’eo serò tacitore;
ma tuttavia ciò ch’è ditto
65ascondo, ní gitto — non, fiore.
XXXVIII
A san Francesco.
Beato Francesco, in te laudare
ragione aggi’e volere;
ma prendo unde savere,
degnitá tanta in suo degno retrare?
5Saver mi manca (e nullo è quasi tanto)
e degnitá assai via maggiormente,
ché dignissimo saggio e magno manto,
gabbo e non laudo, laudar l’om nesciente:
a grazioso in tutto e santo tanto
10de miser ontoso om laud’è non gente:
non conven pentulaio auro ovrare,
e non de baronia
ni de filosofia
alpestro pecoraio omo trattare.
15Non degno è, segnor meo, magno ree,
toccare om brutto bel tanto bellore;
ma sí mi stringe amor, laudando tee,
poi benigno te soe sostenitore.