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barriera di s. niccolò 77

proprio delle pievi fiorentine sorte nei secoli attorno al 1000, colle solide mura rivestite di filaretto, l’abside a callotta, le tracce delle strette finestrelle, la facciata coll’occhio ed un portichetto dinanzi alla porta ed il campanile che ha la forma di una torre di guardia e difesa. All’imponenza vetusta dell’esterno fa strano contrasto la parte interna nella quale, per quanto sussistano i grossi pilastri o meglio sodi, con archi sul mezzo tondo che dividono la chiesa in tre navate, tutto ha un’apparenza di modernità inelegante ed insignificante. Piloni ed archi sono di grossi conci di pietra, ma tutto è ricoperto da un alto strato di rozza calcina e la tettoja a cavalletti con legnami policromati è nascosta da uno stojato che toglie all’edilizio ogni traccia della sua antichità e della sua maestosa bellezza.

I primi documenti che ricordano l’esistenza di questa chiesa sono del x secolo ed allora essa era chiamata Pieve di S. Pietro a Quarto per esser prossima al quarto miglio di distanza dal Decumano di Firenze, lungo la via Cassia. La località della pieve si trova pur ricordata negli antichi tempi col nome di Agello o Gello ed è soltanto nei secoli successivi che le venne l’appellativo di Ripoli dal nome proprio di tutto il piano che dalla base dei poggi di Monte Pilli e dell’Incontro si spingeva fino alla porta di S. Niccolò. 1 Lupicini, una fra le antiche famiglie di Firenze, la quale ebbe molti possessi nella parte superiore del Pian di Ripoli, furono patroni della Pieve fino all’anno 1400 in cui Francesco di Niccolò Lupicini lasciava la sua eredità in parti eguali allo Spedale di S. Maria Nuova ed ai Frati di S. Croce. Toccò il patronato ai Frati, i quali con atto del 31 ottobre 1409 donavano il giuspatronato stesso a Tommaso e Jacopo del fu Giovanni del fu Francesco Giacomini cittadino e banchiere fiorentino. Per recognizione di detto patronato il Pievano doveva offrire annualmente alla famiglia Giacomini, nel giorno di S. Pietro, 5 libbre di vitella. Nel 1475 Papa Sisto IV trasferì il patronato nella famiglia Strozzi, nonostante le proteste e le liti della famiglia Giacomini; ma dopo lunghe controversie i Giacomini che erano fra i più fieri oppositori del governo Mediceo, si videro spogliati affatto di cotesti diritti per ragioni di confisca.