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barriera di s. niccolò 33


Poggio a Luco. - Villa Ciaccio. — Quasi tutte le sommità dei poggi e dei colli che dominano da questo lato la valle dell’Arno, fra Candeli e Volognano, erano coronate in antico da castelli, da case turrite e da torri che costituivano come una linea di fortificazioni che dominavano le strade e sbarravano quasi il passo della valle in guisa da difendere la città da un eventuale assalto di milizie nemiche. Pur restando di proprietà di privati, questi castelli e questi fortilizi potevano in caso di guerra esser convenientemente afforzati e presidiati dalle milizie al soldo della repubblica e dalle compagnie delle leghe del contado.

Fra questi vecchi castelli era pure quello di Poggio a Luco, il quale, per quanto ridotto da molti anni a villa, serba nella sua parte esterna alcune delle antiche opere di difesa fra le quali la porta, superiormente munita di ballatojo sporgente con beccatelli e piombatoi.

Appartenne questo castelletto ai Bartoli del gonfalone Ruote, chiamati anche Bartoli Filippi, antichissima e potente famiglia consorte degl’Infangati e degli Alberighi. Nel 1427 era di Giachetto di Zanobi Bartoli il quale dichiarava di possedere «una fortezza» nel popolo di S. Donnino a Villamagna. Per il corso non interrotto di oltre quattro secoli Poggio a Luco figura sempre in proprietà dei Bartoli e solo nel 1721 per un breve periodo di anni, passa a Cassandra Lupicini per ritornare in Neri Bartoli che nel 1739 lo cede in permuta di altri beni a Giovan Battista di Paolo Cianfi suo parente.

Il Cianfi morendo nel 1752, lo lascia in eredità a Giovanna Vittoria di Pietro Bartoli la quale lo porta in dote nel 1764 al marito Lorenzo di Pier Francesco Passerini. Ma i Passerini non lo tengono che poco tempo e lo rivendono nel 1770 ai Rosati dai quali passa nel 1774 in una famiglia Bellucci che ne era padrona anche alla metà del decorso secolo.

Poggio a Luco, che sorge su di un poggio a 412 metri d’altezza sul livello del mare, è un edilizio interessante per i resti d’architettura medioevale che vi sussistono ancora, nonostante le numerose trasformazioni subite.

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