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254 | I DINTORNI DI FIRENZE. |
tempo remoto si diceva il Massajo dal nome di una villa che i Ginori possedevano nel XV secolo e che ridotta poi a casa d’abitazione è oggi passata per ragioni dotali nei Torrigiani.
Fuori della barriera, a mano destra, è l’ampio piazzale con fabbriche e tettoje che serve per i settimanali mercati di bestiame e di qui fino a Rifredi distende i suoi fabbricati un ampio e popoloso quartiere sorto nel corso di circa trent’anni.
Lungo la via, in mezzo ai campi che da quasi cinque secoli sono in possesso della famiglia Gondi, è a mano sinistra la località chiamata
Montajone o S. Eusebio. — Questo doppio titolo è proprio di un grandioso fabbricato che trovasi sulla sinistra della Via di Rifredi prima di giungere al borgo di questo nome e che servì prima ad uso di monastero, poi di Spedale. Bartolo di Cino di Benvenuto fu il fondatore del monastero per l’erezione del quale lasciò col suo testamento del 16 dicembre 1362 un podere. Il monastero da intitolarsi a S. Giuliano doveva accogliere non meno di 12 fanciulle ed essere affidato alle cure dei Domenicani di S. Maria Novella. Fu edificato e costituito infatti quel monastero; ma per i timori delle guerre, le monache fuggivano nel 1376 in Firenze e si stabilivano in un altro monastero esistente in Via Faenza che, come il primo ebbe nome di S. Giuliano. L’abbandonato locale di Montajone, che era amministrato come il monastero dall’Arte dei Mercatanti, fu nel 1532 trasformato in spedale per i lebbrosi e intitolato ai SS. Jacopo ed Eusebio; però il nome più comune usato per indicarlo fu quello di S. Eusebio che volgarmente si trasformò in S. Sebbio. L’antica chiesa monastica che era abbastanza ricca di opere d’arte, restò aperta al culto fin che lo spedale ebbe vita. Venuto quasi a cessare il flagello della lebbra che in antico era assai comune e mieteva molte vittime, lo spedale di Montajone fu riunito nel 1777 a quello di S. Maria Nuova e nel 1788 fu soppresso del tutto. Il vasto locale fu convertito ad uso di fabbrica che servì a diverse industrie e nell’epidemia colerica del 1854-55 venne adoperato come lazzeretto. Mo-