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CXII


A Ercole Gonzaga eletto cardinale.

(1527)

Lá dove il Mincio, dal paterno seno
superbo uscendo, per vie torte arriva
e quasi un picciol mar lucido avviva
allagando a l’intorno ampio terreno,
spira per lo sgravato aere sereno
Zefiro i fior destando, e sempre è viva
Primavera e da Pelei il mel deriva
e questo fiume e quel di latte è pieno:

presagio che ritorna d’oro il mondo.

E voce giá da’ sette colli move,

eh* Ercole chiama a’ primi onor secondo;

a la cui gloriosa ombra discerno
fiorir piú d’un ingegno e lui di Giove
prender poi vita in terra e farsi eterno.

CX1II

Loda a Scipione il cantar celeste della donna di lui.

Scipio, io fui ratto dal cantar celeste,
e Palma immersa nel profondo oblio;
pur mi raccolsi e riconobbi anch’io
quel che voi prima si lodato fèste.

Copria gli omeri bei candida veste,
com’è candido il cor, puro il desio,
quand’ella mosse ’l suon gentile e pio
ch’orna la gloria e la virtú riveste;

sottil velo accoglieva il biondo crine;
sedean le Grazie ne’ begli occhi suoi
e di foco spargean le bianche gote;

ordiva reti Amor tenaci e fine,
dava luce a la notte e dicea poi :

— Beate orecchie, ove’l bel suon percote!